Al Teatro dell’Angelo la rilettura storica di Antonello Avallone |
Ponzio
Pilato è proprio da condannare ?
Quando
si dà del Ponzio Pilato ad una persona lo si fa con una sorta di
disgusto nei confronti di chi vuole "lavarsi le mani" su una
decisione importante. Insomma, il giudizio storico su Ponzio Pilato
è decisamente troppo severo per Luigi Magni - scomparso recentemente
- regista nel 1987 dell’omonimo film: una rilettura di un capitolo
di storia sacra che puntava sul possibile sconcerto del governatore
romano della Giudea per la resurrezione di Cristo.
Ora
Antonello Avallone, dopo il debutto dell’estate scorsa al
Teatro Romano di Ostia Antica, si propone come regista e interprete
al teatro dell’Angelo (via Simone de Saint Bon, 19 - fino al 24
novembre ) della trasposizione della storia filmica di Magni con un
testo teatrale abilmente costruito: un’operazione ben riuscita, che
si risolve in uno spettacolo di originale spessore artistico anche
per gli spunti ironici e la raffinata comicità, valorizzata dal
dialetto romanesco. Avallone riesce a caratterizzare gli
aspetti umani e le note drammatiche dei singoli personaggi e propone
un Ponzio Pilato umano, ironico ed autoironico, indolente, alle
prese con il caldo asfissiante, in una situazione che gli sfugge di
mano, come del resto la moglie.
In
"Secondo Ponzio Pilato" la storia viene trattata tenendo desta
l’attenzione dello spettatore, fino ad un epilogo inatteso in cui è
possibile che la resurrezione di Cristo potesse scuotere l’anima di
Ponzio Pilato, impreparato di fronte al verbo rivoluzionario del
Messia. Per cui preferisce morire da romano, riconoscendo la propria
colpa per salvare un intero popolo, altrimenti "il primo
delinquente si sentirebbe autorizzato" a perseguitare i Giudei.
Un finale di altissimo impatto emotivo.
Sul palco, accanto ad Avallone, Ketty Di Porto,
Patrizia Ciabatta, Angelica Ferraù Tonino Tosto, Walter Caputi
Nanni, Candelari, Claudio Morici, Francesco Marioni, Andea Bruno,
Salvatore Rivoli, Silvia Vitale, Daniele Di Matteo, Oriana Leotta,
Federico Mastroianni, Valerio Palozza, Alessandro Zolfanelli.
Avallone, quanto c’è in questo spettacolo di Luigi Magni?
C’è
tutto, perché io sono fedelissimo ai testi di Magni. Si tratta
semplicemente di una trasposizione teatrale. Ci sono tutte le
battute del film, può darsi che qualche sequenza in scena sia
invertita, ma c’è assolutamente tutto..
Se i
dialoghi fossero in italiano, probabilmente non avrebbero avuto la
stessa forza.
Magni,
lo conosciamo bene, era abituato non solo a usare il dialetto
romano, ma anche a fare delle contaminazioni legate all’attualità.
E’ chiaro che il romanesco è forte. Si parla di Roma e invece che in
latino i personaggi parlano in dialetto: una scelta che dà molta
forza e colore.
L’ironia pervade tutta la commedia.
Qui
tocchiamo un argomento molto delicato: la religione cristiana. Magni
aveva avversione solo per il potere temporale della Chiesa, ma era
credente. Lo si avverte bene in tutto il testo. Anzi, conferisce a
Pilato uno scetticismo laico che pervade tutto lo spettacolo fino al
finale che in qualche modo lo riscatta e lo attualizza perché si
accusa come unico assassino di Gesù Cristo. C’è quindi un
riferimento ai nostri giorni con la citazione di un possibile
avvento di Hitler a proposito della persecuzione degli ebrei.
L’ironia è legata anche alla smitizzazione di alcuni luoghi comuni
che noi conosciamo bene, come Pilato che si lava le mani o la strage
degli innocenti. Ma dobbiamo ricordare che Luigi Magni prima di
tutto era uno storico e in particolare uno storico di Roma. Tutte le
cose che lui scriveva erano documentate.
Il
finale è contro l’antisemitismo?
Sì. Ad
esempio, quando la sua servetta viene accoltellata dai romani,
Pilato le chiede cosa le abbiano fatto e lei risponde: ‘Dicono che
ho ammazzato Gesù’. E’ un passaggio forte, perché prende un ebreo a
caso.
Le luci
sono curate da Erika Barresi, le musiche sono di Angelo Branduardi,
i costumi di Red Bodo .
di
Antonio Venditti
13 novembre 2013 |
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